Il contagio fecondo della gratitudine
di Monica Lanfranco*
Siamo arrivate al quarto numero di Grazie a lei – ti racconto la mia femminista, e questo quarto capitolo sarà ovviamente segnato dalla tremenda evenienza della pandemia.
La paura, lo sgomento, l’incertezza, il rimandare, il posticipare e il cancellare sono le difficilissime caratteristiche, e i sentimenti, con i quali ci siamo confrontate dall’inizio del 2020, e con i quali ancora conviviamo: è impossibile prescindere da tutto questo.
Come Marea abbiamo provato a stare dentro il flusso adattandoci alla situazione in modalità resiliente: il numero di marzo 2020 lo abbiamo chiamato Dopo, una proposta di scrittura collettiva, di attraversamento della prima, drammatica fase del Covid19 con le riflessioni sul presente quotidiano ma con una parte di mente rivolta verso il futuro.
Un domani, un dopo che abbiamo capito non avrebbe più avuto le fattezze del passato immediatamente alle spalle, dove affondano parte degli sciagurati motivi del malessere del presente.
Sono personalmente convinta della validità di aver scelto di scombinare i piani editoriali, e di congelare il pur importante tema previsto per il numero di marzo, La parola femminista, poi slittato al trimestre successivo.
La pandemia ha avuto alcuni meriti, uno dei quali è stato quello di obbligarci a usare in modo più utile e puntuale la tecnologia: per Marea ha significato poter raggiungere un pubblico molto più esteso attraverso i tre webinar di riflessione proprio sulla parola femminista che abbiamo tenuto a maggio, che sono disponibili per chi non ebbe la possibilità di parteciparvi in diretta.
Ogni edizione di Grazie a lei ha delle caratteristiche peculiari, proprio perché le autrici sono sempre diverse e quindi l’assortimento, ogni volta nuovo, imprime un timbro inconsueto alla raccolta di auto/ritratti. In questo quarto anno, dopo la felice apparizione delle narrazioni delle figure materne, che si sono palesate dalla seconda edizione del 2018, oggi abbiamo anche una nonna, e questa new entry va salutata, dal mio punto di vista, come un guadagno. La grande Lidia Menapace, decana del movimento femminista italiano (notoriamente tutto fuorchè materna, almeno nel senso classico), ha spesso evidenziato l’importanza delle presenze ‘laterali’ rispetto a quella centrale e imponente della madre: le zie, le nonne appunto.
Le prime, qualche volta non madri e spesso di età non lontana dalle genitrici, capaci di restituire quella distanza riflessiva che può mancare alle madri, le seconde più ‘leggere’ rispetto agli obblighi della prima fila, custodi di una memoria storica altrimenti a rischio di oblio. Ecco cosa scriveva Lidia nel numero di Marea sul materno: “Allora a noi viene sempre subito in mente donde siamo partite e ci soccorre la misura del tempo, delle circostanze, degli errori e dei successi, insomma in noi si dipana una storia e questo dà inevitabilmente conto di essere di generazioni diverse, che si succedono nel tempo e che siamo tutte mortali, ma anche di una relazione particolare che di solito racconto ironicamente così, col motto: “Nel femminismo (solo nel femminismo?) si va più d’accordo tra nonne e nipoti che tra madri e figlie”. Quasi un dato di generazione facesse capire che credersi immortali ed eternamente giovani come dee è una forma di alienazione; ma credersi già del tutto realizzate nel presente è un pericoloso tranello. Il fluire di parole gesti esempi ricordi che ci passiamo, dicono parlano costruiscono una storia o almeno una ricca cronaca o forse solo piacevoli racconti. È come entrare nella memorabilità, lo strumento per sciogliere la smemoratezza della storia, entrarci con le proprie gambe, voci, passi, gesti. Insomma è bello essere nonne. Spero che lo sia anche essere le nostre nipoti. ”
In questa edizione di Grazie a lei ci sono anche molte altre novità e sorprese che non voglio svelarvi per non togliere il piacere della scoperta man mano che procederete nella lettura. Solo, per parte mia, un rinnovato stupore e incanto a incontrare, ogni volta, nuove versioni di una relazione antica che in queste pagine si incarna e si aggiorna: quella delle donne che, nella riconoscenza che provano le une verso le altre, tessono spazi di libertà e bellezza. Buona lettura.
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