Il corpo indocile – Nascere e morire: tra scelta e divieto
Su WWW.RADIODELLEDONNE.ORG (link il corpo indocile) ALCUNE INTERVISTE REGISTRATE DURANTE L’INCONTRO: Il corpo indocile – Nascere e morire: tra scelta e divieto, svoltosi dall’ 11 al 13 settembre 2009 ad Altradimora, www.altradimora.it
Non c’è dubbio che la vicenda Welby prima e quella più recente di Eluana Englaro poi abbiano riproposto, nonostante le rimozioni operate dalla politica (e in parte anche dalle organizzazioni della società civile e culturale italiane), il tema della scelta sul proprio corpo, in ogni fase della vita e quindi anche nella sua fase terminale.
L’Italia sconta un ritardo, e una endemica tensione rimottiva e censoria su questi temi, non solo grazie alla pervasiva presenza culturale e politica della Chiesa cattolica, ma anche perché da qualche decennio le correnti critiche laiche e dei diversamente credenti hanno cessato di fare pressione su questi argomenti.
Nella generale anestetizzazione della società italiana, iniziata un ventennio or sono, è andata persa la pratica condivisa della messa a fuoco delle priorità secondo il parametro del privato come politico, suggerita e indicata dal movimento delle donne, che ha fatto della centralità del corpo uno dei perni sui quali far girare l’analisi e la conseguente prassi: per questo tutte le tematiche che insistono sulle scelte individuali e sulla libertà di scelta, che poi diventano anche terreno comune della collettività, non possono essere disgiunte da un ragionare che, in primo luogo, parte dalla concretezza della corporeità.
Non è un caso che proprio i movimenti delle donne abbiamo sempre messo in primo piano non solo la necessità di partire dal corpo anche e soprattutto se si parla di vita e di morte, ma anche abbiano sempre perseguito, quando si è percorso il cammino legislativo, la strada normativa più aperta e inclusiva possibile.
I movimenti delle donne non hanno mai chiesto leggi escludenti, né per la regolamentazione dell’interruzione della gravidanza, né per la procreazione assistita. Il principio è sempre stato quello di permettere, laddove ce ne fosse il bisogno, che il soggetto femminile potesse accedere a dei servizi.
Anche sulla questione del fine vita le richieste sono sempre state ispirate a questo principio; lo stesso padre di Eluana, Peppino Englaro, ha sempre detto di volere seguire il desiderio della figlia nel non essere tenuta in vita artificialmente, e mai ha sostenuto che questa fosse l’unica visione e scelta possibile.
Da parte delle forze politiche e culturali che sostengono, al contrario, “la difesa della vita” non ci sono spazi per l’interrogazione laica circa l’autodeterminazione su di sé: l’etica è di fatto disincarnata, risponde a principi non umani e non umanizzabili, e risolve ogni auspicabile domanda sui temi dell’etica e della scelta con il dover essere della vita ad ogni costo (sia nel dare la vita come nel finirla) perché essa non è nelle mani delle donne e degli uomini, ma bensì in quelle delle varie declinazioni del divino, in particolare nelle tre religioni rivelate.
Parliamo dell’esperienza umana concreta e irripetibile delle vite che si dipanano nei giorni e nelle attese, tra desideri realizzati, timori infondati e speranze deluse, ancorata a relazioni che ne conoscono il senso e le danno significato. Parliamo a partire della nostra esperienza umana incarnata in un corpo di donna, e sappiamo che non è solo questione di integralismo religioso. Al desiderio consapevolmente espresso da Eluana di non essere mantenuta in uno stato vegetativo attraverso un complesso apparato di tecniche e pratiche mediche invadenti e invasive, a quel corpo femminile indocile, il presidente del consiglio in persona ha opposto che era un corpo capace di generare. Le ha opposto il principio di autorità patriarcale che è all’origine del conflitto tra i sessi e al quale deve conformarsi la vita delle donne: l’autorità del Padre sulla filiazione. La volontà di riaffermare e di imporre a tutte e tutti quella stessa autorità con la forza della legge non è del resto all’origine del divieto di ricorrere a donatori esterni alla coppia per la fecondazione assistita?
Nel silenzio assordante calato dopo la morte di Eluana, rotto raramente da poche voci e gravato comunque dal peso della proposta referendaria, che rischia di essere un boomerang come lo fu, in assenza di un vero dibattito informativo e formativo, quello sulla legge 40, alcune donne e la rivista Marea sentono il bisogno di gettare se possibile un po’ di luce sul buio e sul silenzio pauroso che incombe su argomenti che dovrebbero essere al centro del dibattito perché in realtà sono al centro delle vite di chiunque.
In questo numero della rivista,(coordinato da Laura Guidetti, Monica Lanfranco e Erminia Emprin Gilardini) si propone un confronto che con l’aiuto di alcune riflessioni preliminari sul terreno della giurisprudenza, dell’etica, della scienza , della medicina e della filosofia aiuti a ridare senso alle battaglie laiche sul corpo e la libertà di scelta.