Perche scrivere insieme? Per un bisogno di confronto generazionale, per l’importanza che per tutte e due ha, e ha sempre avuto, la storia delle donne dimenticate; per questo abbiamo immaginato un dialogo che attraverso la scrittura dia nuovamente voce a esperienze di vite vissute che, in silenzio, hanno cambiato il corso della Storia.
Federica: Si aggirano come fantasmi le anime delle donne dimenticate e cancellate dalla Storia. L’oblio della memoria, studiato nei minimi particolari, è una macchina che sistematicamente annulla le parole, i pensieri, le scoperte, le conquiste, le rivoluzioni di tutte coloro che hanno vissuto pienamente senza limiti.
Rossana: Non so perché, ma l’immagine che mi è venuta in mente, come un flash,è stata quella del Vietnam Veterans Memorial a Washington per i caduti della lunga e orribile guerra del Vietnam. Migliaia di nomi riportati su un lunghissimo muro di granito, migliaia di storie intrappolate. Ecco, io non vorrei mai che la storia di tante donne fosse ridotta ad un nome scolpito su un muro.
Federica: Sicuramente, tra le pieghe del tempo e di ricordi sbiaditi, si trovano preziosi frammenti di questa umanità straordinaria alla quale dobbiamo dare voce per tessere il filo dei suoi pensieri, per riscoprire quella parte di noi che ancora oggi, troppo spesso, dorme sotto una coltre di pregiudizi ancestrali. Essere una donna non ha significato assenza di ispirazione e di immaginazione, assenza d’intelligenza e spirito di iniziativa o annullamento delle proprie capacità, ma ha portato ad una reale consapevolezza di ciò che ognuna di noi può fare, nonostante l’emarginazione nella quale la società ha preferito relegarci.
Rossana: Apparentemente parrebbe una fase storica superata. In realtà, forse oggi più che mai, ci rendiamo conto di quanto subdola e sommersa viva ancora questa emarginazione di cui tu parli.
Federica: Relegate alla funzione di angeli del focolare e a ruoli secondari che non contemplano il comando e il potere decisionale spettante a chi ha avuto la‘fortuna’ di nascere uomo, dando sempre per scontato il suo essere superiore in tutti i sensi, immaginabili e non. C’è chi ha sfidato e chi sfida ancora oggi questa visione della donna sottomessa, dura a morire, in un contesto dove i bambini devono giocare con il pallone e le costruzioni e le bambine con le bambole e le pentole, ponendo le basi cementificate del loro posto nella società.
Rossana: A meno che il potere non venga riconosciuto alle donne che assumono un metodo ‘maschile’ di esercizio del potere in senso ampio, alienando la visione femminile di un agire, soprattutto in politica, diverso. Questa è una delle ragioni per cui, da tempo, mi porto dietro questa curiosità di cercare e ricercare come le donne abbiano influito in maniera determinante al corso della storia umana. Ho scoperto, in questo viaggio, un universo di donne di ogni parte del mondo; alcune hanno acquisito visibilità, altre hanno contribuito con i loro corpi e voci, e non ne conosciamo volti e nomi, oppure hanno organizzato il loro impegno dietro un uomo che ha fatto la storia.
Federica: Tra le pagine dei libri di storia non troveremo mai i nomi delle donne che hanno contribuito alla nostra evoluzione, che hanno rivoluzionato le loro vite per dare un senso anche alle nostre. Infatti, salvo rare eccezioni, di loro resta ben poco perché sarebbero potute essere un cattivo esempio e dare forza e coraggio a chi non intendeva arrendersi ad un destino già scritto. Sono tanti i nomi di donne dimenticate che vorrei diventassero indimenticabili: donne che hanno studiato e che si sono emancipate, donne di ogni angolo del mondo che hanno combattuto per poter affermare la loro presenza, oltre i patriarcati ed i fondamentalismi, ed alle quali dobbiamo tendere la mano per fare in modo che riemergano nel loro splendore accecante che un tempo le ha condannate perche troppo audace e sfrontato.
Rossana: Si, non esiste luogo geografico dove le donne non siano state protagoniste di lotte, propositrici di cambiamenti. Passato, presente e futuro hanno volti femminili in marcia e anche se mai entreranno nella Storia, quella che si studia nelle scuole, la Storia l’hanno attraversata, con i suoi dolori, le macerie, le sconfitte e le poche vittorie. L’hanno fatta e la fanno tutt’oggi.
Federica: Sono donne ignorate ed escluse che lottano e contrastano la prepotenza attraverso la quale sono state rinchiuse in un gineceo dal quale sembrava quasi impossibile evadere.
Rossana: Non sono stati gli uomini ad organizzare il Movimento delle donne. Sono le donne che si sono organizzate per uscire dal silenzio, per uscire dallo sfruttamento, dalla miseria, dalla violenza. Penso alle partigiane, alle contadine che occuparono terre, alle donne in miniera che dodici ore al giorno separavano il carbone per un salario da fame, che da latitudini diverse hanno gli stessi volti delle Madri di Plaza de Majo, delle donne coi fazzoletti verdi argentine: lo stesso grido che è riuscito a valicare i confini di ogni continente. Quelle voci senza nomi sono donne che hanno passato testimone e testimonianza di esperienza, conoscenza, ribellione: sono la nostra storia.
Federica: Chi ricorderà invece le donne di piazza Tahrir? Vittime di stupri di massa durante la Primavera Araba, perché hanno osato riappropriarsi dei loro diritti manifestando pubblicamente insieme agli uomini… una rivoluzione dentro la rivoluzione messa a tacere con ferocia. Dimenticate dalla Storia, dimenticate dalla società, cancellate culturalmente e fisicamente. Il mio pensiero va ad Ipazia, nata ad Alessandria D’Egitto intorno al 370, filosofa e scienziata, che fu denudata, uccisa, smembrata e bruciata da un gruppo di fanatici cristiani. Era l’otto marzo 415 e una delle donne piu geniali e importanti dell’epoca veniva cancellata per sempre.
Rossana: Otto marzo: data simbolica, di oppressione e riscatto; 126 operaie uccise nell’incendio della Triangle Waist di New York il 25 marzo 1911, ma Clara Zetkin si batte perche l’8 marzo diventasse la data simbolo, in memoria delle vittime di quel rogo e dell’emancipazione delle donne. Consiglio a tutte di leggere il bellissimo libro di Ester Rizzo, Camicette Bianche, Navarra Editore, che con una preziosa ricerca ripercorre fatti e luoghi e, credo per la prima volta, scrive nero su bianco i nomi di queste ‘camicette bianche’.
Federica: La Damnatio memoriae che colpisce le donne va affrontata e combattuta proprio così perché solo parlandone e facendo ricerca possiamo dare nuovamente dignità alle nostre sorelle perdute e a tutte coloro che rischiano di subire lo stesso trattamento. La scienziata Rosalind Franklin, nata a Londra nel 1920, scoprì la struttura del DNA, ma chi si ricorda di lei? Fu derubata della sua sensazionale scoperta da due colleghi che in seguito vinsero il Premio Nobelper la Medicina. Maria Gabriella Luccioli, nata a Terni nel 1940, riuscì a diventare magistrata nel 1965 partecipando al primo concorso aperto alle donne; è stata inoltre la prima presidente di una sezione della Cassazione e la prima a candidarsi alla Presidenza della Suprema Corte. Nel suo libro, Diario di una giudice, Forum Editrice Universitaria Udinese, ripercorre i suoi cinquant’anni di operato e ricorda il disagio provato nell’ascoltare il discorso del Procuratore Generale Giannantonio, durante la cerimonia d’ingresso in Magistratura: era l’unica donna presente e lui lesse un brano in cui le donne venivano
definite antropologicamente inclini al ricamo e al cucito, aggiungendo che, per limitare il danno commesso dal Legislatore, avrebbero dovuto essere assegnate tutte ai Tribunali Minorili. Alcune sue sentenze, giudicate scomode, hanno fatto la Storia del nostro Paese e vorrei che nessuno dimenticasse mai la sua tenacia e il suo esempio.
Rossana: Per fortuna che qualcuna ha voglia di raccontarsi, perché l’autobiografia è lasciare un segno di ciò che è la propria storia. La parola scritta mi ha portato da Hilda Gadea e da Bianca Ripepi Sotgiu. Più o meno coetanee, Hilda nata a Lima nel 1925 e Bianca a Reggio Calabria nel 1922. Due Sud del mondo accomunate da una forza e una generosità enormi, che quasi con riluttanza hanno raccontato le loro vite. Hilda, prima moglie del Che Guevara, ha la consapevolezza della sua indipendenza e da esiliata in Messico continua la sua militanza contro le dittature non solo del suo Paese ma di tutta l’America Latina. L’artefice di tanta preparazione politica di Ernesto Guevara è Hilda, che mette a disposizione il suo sapere, le sue conoscenze, la sua vita senza aspet- tarsi onori e glorie. Con una semplicità disarmante, nella sua autobiografia, racconta i giorni con il Che, la formazione e l’amore verso quest’uomo che comunque cambierà il suo destino e quello di un’intera Nazione. Ma di lei non si ritrovano scritti che ne risaltino il grande contributo; eppure è lei la più forte, ma resterà nell’ombra.
La stessa modestia che ho ritrovato nell’autobiografia di Bianca Ripepi Sotgiu, che ho avuto l’onore di conoscere di persona. Lei che, moglie di Girolamo Sotgiu, senatore del PCI, conosciuto durante il confino a Rodi, salva ebrei dall’isola greca assieme al marito rischiando la prigionia e la deportazione; Bianca che in Sardegna, mentre il marito ha cariche politiche importanti, organizza le donne e le lotte contadine. Un storia, la sua, piena di dolcezza e solidarietà, che solo nel 2015 le verrà riconosciuta. Assieme al marito, anni dopo la loro morte, le verrà assegnato il titolo di Giusti tra le Nazioni: i loro nomi sono incisi sul muro del Giardino dei giusti del museo Yad Vashem di Gerusalemme.
Federica: E dalla Sardegna arriva anche la storia di Adelasia Cocco, nata a Sassari nel 1885, che si iscrisse alla Facoltà di Medicina di Pisa nel 1907 e che, dopo la laurea, conseguita a Sassari nel 1913, divenne la prima medica condotta d’Italia, in una zona non certo facile come la Barbagia dove alla fine riuscì a conquistare la popolazione abbattendo ogni ostilità e ostracismo maschilista. Era proprio libera e consapevole delle sue capacità, lo dimostrava in ogni sua azione e in ogni sua decisione. Nel 1919 prese la patente di guida – fu la prima donna in Sardegna – per potersi muovere liberamente attraverso le strade della sua isola e raggiungere i pazienti senza farsi scortare da alcun uomo.
Rossana: Nell’era dei social, dove lo spazio per la memoria storica ha ritmi troppo veloci, perché descritta e consumata in fretta, a volte si ritrovano momenti di rivalutazione di alcune donne che hanno inciso molto anche nel movimento femminista. Quel movimento che negli anni ’70 diede il via alle lotte per i diritti, fu anche una rivoluzione culturale e le donne impararono a conoscere e riconoscere se stesse e le altre. Si impadronivano della loro storia. Non avremmo conosciuto Artemisia Gentileschi, oggi di nuovo studiata, testimonianza di come la memoria delle donne si rivaluti attraverso la conoscenza. Di generazione in generazione si deve avere consapevolezza che non possono rubarci le nostre storie, potranno nasconderle ma ci sarà sempre la curiosità e la voglia di raccontarle.
Federica: La nostra voce e le nostre mani, che scrivono trasformando i nostri pensieri in realtà su queste pagine bianche, devono essere la voce e le mani di tutte quelle donne che la storia maschilista ha cercato di occultare per sempre.